In alcune mie conferenze sul Sistema di Guarigione della Dieta Senza Muco a volte affermo, in occasione della presentazione del libro, che le terapie contro il cancro ufficiali sono inutili e i dati relativi ai miglioramenti falsi, in quanto i farmaci fanno solo raggrinzire il tumore “come una mela raggrinzita, ma il tumore è lì tutto, lo hanno fatto solo restringere”.
In effetti si sente spesso dire che il tumore si è ridotto con la chemioterapia. Il tumore è diventato di dimensioni ridotte, e questo spesso viene fatto passare per regressione, e viene data l’idea che il malato quindi stia guarendo. Oppure si dice che ne è stata contrastata la crescita. Ma cosa significa questo veramente? Significa solo che la dimensione del tumore è minore, non significa affatto un progresso verso la guarigione. L’immagine in testa all’articolo può darti un’idea di cosa intendo.
La guarigione implica la risoluzione della causa che ha prodotto il tumore, con conseguente scomparsa del tumore stesso, il resto è solo un tentare di sopprimere i sintomi.
L’articolo che segue e che ho tradotto contiene i riferimenti scientifici che supportano le mie affermazioni.
Ridurre i tumori, prolunga la vita?
Per superare la prova di “efficacia”, la FDA [Food and Drug Administration, USA) impone una sostanziale evidenza che i rimedi non salvano vite umane, ma sono efficaci solo per lo scopo per cui sono destinati. “Prove sostanziali” sono definite come “indagini adeguate e ben controllate … sulla base di ciò che si potrebbe concludere in maniera responsabile ed equa … che il farmaco avrà l’effetto che si suppone o si è dichiarato che debba avere sotto le condizioni d’uso previste, raccomandate e suggerite nell’etichetta” [1]. Nonostante questo obbligo legale, l’Ufficio del Technology Assessment degli Stati Uniti [OTA) ha riferito che: “Solo dal 10% al 20% di tutti i trattamenti e le procedure attualmente in uso in medicina si sono dimostrati efficaci in studi clinici controllati” [2].
I farmaci contro il cancro sono considerati “efficaci” se meramente comprimono i tumori. Ma la ricerca medica fa notare che le radiazioni e la chemioterapia, pur comprimendo il tumore NON necessariamente prolungano la vita. Un ricercatore che è venuto a questa conclusione nel 1990 è il Dott. Ulrich Abel, biostatistico tedesco. Ha scoperto che la riduzione delle dimensioni del tumore non solo non prolunga la vita, ma può anche causare che il cancro ritorni più aggressivo, dato che mentre uccide la maggior parte della massa tumorale, facilita la crescita di cellule maligne farmaco-resistenti. [3]. La stessa conclusione appare in un articolo del British Medical Journal, nel quale si afferma che, sebbene la riduzione del tumore è il solito modo di misurare l’efficacia della chemioterapia, “la riduzione radiologica dei tumori solidi spesso … ha poco o nessun beneficio nel prolungare la vita della persona … Purtroppo, pochi studi hanno confrontato la chemioterapia con le cure palliative senza chemioterapia “[4].
Uno dei pochi studi che hanno fatto un tale confronto è stato condotto dal Dr. Hardin Jones, professore di fisica medica e fisiologia presso la University of California, Berkeley. Di fronte a una commissione dell’American Cancer Society, ha dichiarato: “I miei studi hanno definitivamente dimostrato che le vittime del cancro che non ricevono un trattamento chemioterapico, in realtà vivono fino a quattro volte di più di quelle che lo ricevono. Per un tipo comune di cancro le persone che hanno rifiutato il trattamento hanno vissuto una media di 12 anni e mezzo. Coloro che hanno accettato l’intervento chirurgico e altri trattamenti hanno vissuto una media di soli 3 anni. […] Attribuisco questo al traumatico effetto della chirurgia sui meccanismi di difesa naturali corpo. Il corpo ha una difesa naturale contro tutti i tipi di cancro “[5].
La ricerca del Dr. Jones risale a vent’anni fa, ma mancano dati più recenti perché gli studi comparativi su pazienti trattati farmacologicamente e pazienti non trattati non vengono più fatti. Non trattare pazienti con tumori potenzialmente curabili con “provati” metodi è ora considerato non etico. Tutto ciò che fa la maggior parte degli studi sui farmaci oncologici è quello di confrontare l’effetto di due regimi di trattamento, entrambi più o meno ugualmente tossici, sulla proporzione di crescita del tumore [6].
Nel 1984 passando in esame 80 studi di chemioterapia per il cancro al seno è stato rilevato che 76 degli studi hanno riscontrato solo un restringimento del tumore, non l’effetto sul prolungamento della vita o la qualità della vita, e dei restanti quattro, tre non hanno visto alcuna estensione della vita grazie ai farmaci chemioterapici [7]. Altri riesami hanno ottenuto risultati ugualmente inquietanti [8].
Per quanto riguarda la chirurgia e la radioterapia, entrambi i trattamenti sono stati utilizzati molto prima che i requisiti di “efficacia” della FDA entrassero in vigore. Riguardo alla chirurgia non sono stati condotti studi su grande scala che dimostrino un prolungamento della vita rispetto a quelli che non sono stati sottoposti ad alcun tipo di intervento; e nel caso di radiazioni applicate dopo l’intervento, studi controllati su larga scala su soggetti presi a caso non hanno dimostrato un grande vantaggio nel prolungare la vita rispetto a quelli trattati con il solo intervento chirurgico [9].
Le radiazioni vengono utilizzate per comprimere i tumori in situazioni critiche (per esempio, quando il tumore preme contro un’arteria, le vie aeree, un organo vitale o un nervo), ma in verità l’effetto a lungo termine può essere la riduzione della vita della persona [10]. In un’analisi di otto studi effettuata nel 1987, la conclusione è stata che il rischio di morte dopo dieci anni per le donne che non avevano ricevuto radioterapia dopo l’intervento è stato del 26% inferiore rispetto a quelle che l’avevano ricevuta [11].
Il Dott. John Cairns di Harvard, ha scritto nel 1985 che “la maggior parte dei tumori non può essere curata con le radiazioni, in quanto la dose di raggi X necessaria per uccidere tutte le cellule tumorali uccide anche il paziente” [12].
Nel caso della chemioterapia, sono stati compiuti progressi nel trattamento di alcuni tipi di cancro, ma i farmaci contro il cancro non hanno ottenuto molto in termini di estensione della vita per i principali tipi di cancro al seno, al colon e al polmone [13] .
Secondo il Dr. Cairns, la chemioterapia impedisce la morte di solo il 2 o il 3% dei pazienti con tumore. Le probabilità che i farmaci uccidono il paziente sono circa gli stessi: tra il 2,5 e il 5% [14]. In uno studio del 1991 rivolto a 250 donne con carcinoma mammario metastatico, nel quale la chemioterapia è stata comparata al non fare alcun trattamento, i farmaci non solo non hanno allungato la vita, ma hanno causato una significativa diminuzione della qualità della vita [15].
D’altra parte, nel caso di cancro al seno iniziale, è stato trovato un modesto vantaggio per quanto riguarda l’estensione della vita. Una analisi britannica condotta nel 1992, che ha valutato 31 studi clinici randomizzati che coinvolgono 11.000 donne, ha trovato un leggero vantaggio di prolungamento della vita dopo dieci anni nei pazienti che avevano ricevuto “chemioterapia” (più di un farmaco contro il cancro per più un mese). Le probabilità che le donne fossero ancora vive dieci anni più tardi, tuttavia, erano solo il 51,3% con i farmaci, contro il 45% senza farmaci, solo il 6,3% in più di prolungamento della vita. E questa infausta prognosi era per donne con tumore al seno allo stadio iniziale “curabile” [16].
Nonostante questi vantaggi modesti, il National Cancer Institute (USA) ha raccomandato la chemioterapia per tutte le pazienti di tumore al seno, con e senza segni visibili di cancro dopo l’intervento chirurgico. La teoria è che, intervenendo a largo raggio su migliaia di donne, molte possano essere salvate [17]. Il problema, soprattutto per il 93,7% che non ne trae alcun beneficio risiede negli effetti collaterali devastanti dei farmaci contro il cancro. Praticamente tutti gli agenti chemioterapici sono tossici e immunosoppressivi. Non essendo in grado di distinguere tra cellule tumorali e cellule normali, finiscono per ucciderle entrambe. Inoltre, la maggior parte di essi danno origine a tumori secondari che possono comparire molti anni dopo un trattamento “di successo” con la chemioterapia [18].
Adattato da Forbidden Medicine (Medicina Proibita – libro non tradotto in italiano) di Hodgson Ellen Brown, distribuito da Third Millennium Press.
Testi in Italiano sulle cure alternative per cancro e tumori.
Riferimenti:
- 21 United States Code Sec. 355(d).
- Office of Technology Assessment, U.S. Congress, Assessing Efficacy and Safety of Medical Technology (Washington D.C.: OTA 1978).
- U. Abel, Chemotherapy of Advanced Epithelial Cancer (Stuttgart: Hippokrates Verlag GmbH, 1990), riassunto da R. Moss in “Il ‘Muro di Berlino’ della Chemio Si Sgretola,” Cancer Chronicles (dicembre 1990), pagina 4. Il Dott. Abel ha osservato che per il cancro al seno, non vi è alcuna prova diretta che la chemioterapia prolunghi la sopravvivenza, rendendo il suo uso “eticamente discutibile”. Il suo lavoro è stato recensito nella popolare rivista tedesca Der Spiegel nel 1990.
- G. Mead, “Chemotherapy for solid tumours: Routine treatment not yet justified,” British Medical Journal 310:246 (1995).
- G. Borell, The Peroxide Story (Delano, Minnesota: ECHO, 1988), page 30.
- See I. Tannock, “Treating the patient, not just the cancer,” New England Journal of Medicine 317(24):1534-35 (1987).
- R. Oye, et al., “Reporting results from chemotherapy trials: Does response make a difference in patient survival?”, JAMA 252(19):2722-25 (1984).
- See G. Mead, op. cit.; I. Tannock, op. cit.; U. Abel, op. cit.
- See R. Houston, “Misinformation from OTA,” op. cit., page 600; J. Weese, et al., “Do operations facilitate tumor growth?”, Surgery 100(2):273-77 (1986) (surgery and anesthesia enhance the implanting of tumors and facilitate metastasis); J. Stjernsward, “Decreased survival related to irradiation postoperatively in early operable breast cancer,” Lancet (November 30, 1974), pages 1285-86; R. Moss, The Cancer Industry, op. cit., pages 59-72.
- R. Walters, in Options: The Alternative Cancer Therapy Book (Garden City Park, New York: Avery Group Publishing Co., 1993), pagina 13, osserva che già nel 1953, Benedict Fitzgerald, consigliere speciale del Dipartimento di Giustizia, ha presentato al Congresso degli studi mostrano che i pazienti che non hanno ricevuto alcuna radiazione hanno vissuto più a lungo rispetto a quelli che sono stati irradiati.
- J. Cuzick, et al., “Overview of randomized trials of postoperative adjuvant radiotherapy in breast cancer,” Cancer Treatment Reports 71(1):15-29 (1987).
- J. Cairns, “The treatment of diseases and the war against cancer,” Scientific American 253(5):51 (1985).
- See R. Walters, op. cit., pages 9-11.
- B. Culliton, “The rocky road to remission,” Science 244:1432 (June 23, 1989).
- H. Muss, et al., “Interrupted versus continuous chemotherapy in patients with metastatic breast cancer,” New England Journal of Medicine 325:1342-48 (1991).
- Early Breast Cancer Trialists’ Collaborative Group, “Systemic treatment of early breast cancer by hormonal, cytotoxic, or immune therapy,” Lancet 339(8785):71-85 (1992).
- Questa raccomandazione si basa su una serie di studi nel 1989 che hanno trovato un “marcato aumento della sopravvivenza libera da malattia”, grazie al trattamento con farmaci antitumorali. Tuttavia, gli studi non hanno trovato un effettivo e significativo aumento della sopravvivenza dei pazienti. “La sopravvivenza senza malattia” era un trucco che in realtà significava un certo periodo di tempo senza la comparsa di nuovi tumori. Vedi B. Fisher, et al., “Uno studio randomizzato clinico sequenziale per valutare il trattamento con methotrexate e fluorouracile dei pazienti con carcinoma mammario con linfonodi negativi che hanno tumori con recettori estrogeni negativi”, New England Journal of Medicine 320 (8) :473-78 (1989), Ludwig Breast Cancer Study Group “, Prolungata sopravvivenza libera da malattia dopo una serie di trattamenti chemioterapici adiuvante perioperatoria per il cancro al seno nodo-negativo,” New England Journal of Medicine 320 (8) :491-96 (1989); E. Mansour, et al., “L’efficacia della chemioterapia adiuvante ad alto rischio per il cancro al seno nodo negativo,” New England Journal of Medicine 320 (8) :485-90 (1989). Lo stesso anno, il General Accounting Office (GAO, USA) ha pubblicato un rapporto sull’efficacia della chemioterapia per il cancro al seno. La relazione era focalizzata su pazienti con cancro del tipo che si pensa che possa maggiormente beneficiare di questo tipo di farmaci antitumorali. Il GAO non ha trovato un aumento rilevabile della sopravvivenza di questi pazienti, nonostante l’uso della chemioterapia fosse triplicato dal 1975. Vedere “rapporto del GAO sul cancro al seno,” World News Research Foundation (3 ° e 4 ° trimestre 1990), pagina 7.
- R. Walters, op. cit. Si veda anche H. Vorherr “La chemioterapia adiuvante del cancro al seno: Realtà, speranza, pericolo?”, Lancet (19 dicembre / 26, 1981), pagine 1413-1414: “Le prove di sopravvivenza per un periodo di cinque anni [dimostrano] che i benefici della chemioterapia adiuvante [indipendente] per il cancro al seno sono solo il 4% … date le molte incertezze e polemiche sulla chemioterapia adiuvante, che di per sé costituisce un rischio grave per la salute, non si dovrebbe mai sottoporre di routine una paziente a questo “trattamento”.
Fonte dell’articolo: Does shrinking tumors increase survival? (http://www.karlloren.com/Jimmy_Keller/page2.htm – purtroppo rimosso dal web)