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Terapia neurofocale dentale (Ernesto Adler, 1983)

Editing e layout: Luciano Gianazza 
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Le nostre osservazioni nel tempo ci hanno convinto del ruolo centrale nelle malattie del collasso delle capacità di regolazione del sistema. Spesso veniamo incaricati di analizzare la radiografia sapendo che appartiene ad una persona malata e che quindi bisogna trovare l’ostacolo che impedisce al sistema di regolazione di lavorare meglio. Questa filosofia generale vale qualsiasi sia il nome della malattia o del disagio. I casi più complessi alla fine dei conti diventano molto semplici. Anzi a giudicare dai risultati, il motivo principale della complessità di quei casi clinici era che la bonifica dei focus dentali era stata ignorata. Il libro mostra esempi di patologie resistenti a terapie che sono stati risolti con le estrazioni di resti di radici, di denti devitalizzati infetti e di denti del giudizio inclusi.

È evidentemente che il sistema di regolazione può essere pregiudicato da altri elementi. Per esempio le nostre osservazioni ci dicono che nel caso di difficoltà di pazienti giovani, dopo aver escluso la possibilità di denti del giudizio inclusi o osteiti sotto denti morti, non è raro che si possa riscontrare un sovraccarico determinante da amalgama dentale, soprattutto se ce ne sono molte o molto grandi.

La signora J.A., 50enne di Tossa de Mar ci fu inviata dal Dr. B. Il suo problema principale erano forti tremori ad entrambe le mani che avevano resistito a tutte le trapie per sette mesi. Poi c’erano forti dolori di testa frontali e occipitali, per i quali i farmaci avevano fatto poco o niente. Gli esperti avevano riscontrato l’assenza delle caratteristiche neurologiche tipiche del Parkinson, per quanto in superficie sembrava molto simile.

Sebbene questo fosse un caso complesso e misterioso dal punto di vista neurologico, dal punto di vista dell’indagine neuro-focale era limpido come l’acqua: il paziente aveva resti di radici con osteite paradentale molto estesa da entrambi i lati (fig. 112 e 113). Mostriamo le immagini solo di un lato perché dall’altro la situazione era esattamente uguale. Quindi operammo solo questo lato liberandolo dalle focalità. Ebbene dopo l’eliminazione degli elementi patogeni a sinistra, il tremore rimase solo sul lato opposto (non sanato). Alcuni giorni dopo intervenimmo anche a destra ottenendo anche su quel lato la scomparsa dei tremori rimasti. Solo in un limitato numero di casi incontriamo una corrispondenza così clamorosa. Da notare che scomparvero anche i forti mal di testa. Gli eventi sembrano indicare in modo chiaro che le radici relitte erano la causa e i disturbi neurologici il loro effetto.

Era affetto da una rettocolite ulcerosa un apicoltore 45enne di Tossa de Mar. Dopo aver sofferto di disturbi digestivi per molti anni era diventato pelle ed ossa. Era stato da un altro dentista per sistemare la bocca, ma non ne aveva beneficiato. Soffriva di forti allergie. Gli mancava solo un dente, ma sulla radiografia dentale compariva una cisti radicolare (fig.73). Dopo l’intervento di rimozione del dente e della cisti sottostante ci fu un transiente aumento di febbre fino a 39°C, forti dolori alla regione ipogastrica, ma nelle settimane che seguirono il paziente ebbe un ritorno incredibile di forze. Poteva lavorare nei campi tutta la giornata, mentre prima aveva dovuto rinunciare. Interessante anche il riscontro sul versante allergie: in precedenza non appena ingeriva la benché minima quantità di miele ciò gli causava immediatamente diarrea con emorragia che durava per un paio di giorni. Dopo aver tolto la cisti (che era chiaramente settica) poté tornare a consumare tutto il miele che voleva (per il periodo di osservazione che è stato di 25 anni).

Un operaio 35enne di Tossa de Mar, nonostante una costituzione molto forte, soffriva da alcuni mesi di un’artrite generalizzata che colpiva tutte le articolazioni. Si fecero i soliti tentativi di cura con i farmaci classici, ottenendo dei miglioramenti minimi che comunque erano solo passeggeri. La radiografia dentale mostrava una cisti radicolare del primo molare superiore sinistro (fig. 78). L’unica terapia che ha senso in questi casi e’ l’eliminazione del dente e della cisti. Infatti la poliartrite che lo aveva messo in difficoltà sparì completamente dopo l’estrazione dentale.

Questo caso mostra una volta di più, in particolare al reumatologo, una connessione di una semplicità disarmante tra la causa, che consiste del campo di irritazione settico nella sfera dentale, e la malattia sistemica. Le guarigioni che abbiamo visto sono reali e molto significative. Sebbene non tutti i casi abbiano una risoluzione così veloce, non ci sono dubbi sul fatto che senza l’eliminazione di questi campi di disturbo la guarigione rimane fuori dalla nostra portata. Di qui l’importanza di capire e conoscere questo argomento.

Qualche tempo dopo che tolsi un ottavo ad una fruttivendola molto robusta che diceva di stare bene e di non aver alcun disturbo, ella mi disse: “Che strano… da quando abbiamo tolto il dente non sento più dolori alla nuca che erano sempre lì al risveglio”. E allo stesso modo un pescatore che era in perfetta salute: “Ma guarda, non ho più quell’acidità allo stomaco da quando abbiamo tolto quelle radici infette!” Di aneddoti di questo tipo potremmo riempire centinaia di pagine; la nostra convinzione e’ che certamente l’organismo regge a questi campi di disturbo a lungo, ma non per sempre. Molti conoscenti mi dicono: “Esistono non poche persone che hanno focus dentali e che non accusano problemi di salute”. E’ vero, ma non esiste la persona che nel momento critico non soffrirà il contributo determinante del focus infettivo dentale. Alcuni si oppongono alla nostra diagnosi dicendo: “Ma non mi da’ assolutamente fastidi in bocca, non si vede nessuna infiammazione. E’ vero, ma cionondimeno ha degli effetti a distanza! Molti poi sono sicuri che il loro malanno e’ di ordine genetico o lo attribuiscono a qualcos’altro.

A causa di forti dolori lombari, D.F., 40enne casalinga di Lloret de Mar, ebbe un intervento chirurgico alle vertebre. I dolori però non scomparvero, nemmeno alla fine di una lunghissima convalescenza. Per i medici era un enigma. Un incisivo devitalizzato presentava una grossa cisti alla radice (fig. 80). Dente e cisti quindi furono estratti. Dopo un giorno i dolori sparirono. Col senno del poi, l’inutile operazione alla colonna vertebrale si sarebbe potuto tranquillamente evitare. Come avete visto anche voi, valutare l’ortopanoramica chiarisce molto le idee, ma le motivazioni sono importanti.

Quindici anni fa la signora J.M., 64enne che soffriva di cervicale ci fu mandata dal Dr. Bo di Tossa de Mar. Le fig. 81, 82 e 83 mostrano 4 denti impattati che noi subito le proponemmo di far estrarre. Il suo chirurgo maxillo-facciale obiettò che non c’erano né sacche di pus e nemmeno reazioni locali, non vedeva siti d’infezione focale ed era davvero inutile a suo avviso andare a togliere quei denti. Innanzitutto ci viene da commentare che i siti focali non devono essere per forza solo quelli infettivi. Comunque la paziente non tolse i denti e 15 anni dopo la sua sindrome cervicale era cresciuta fino a diventare una difficoltà motoria grave con intensi dolori a braccia e collo, nonostante quindici anni di farmaci che a nostro avviso avevano intossicato pesantemente l’organismo.

La sensibilità all’altezza della terza vertebra cervicale c’era da entrambi i lati, ma esisteva un punto di pressione dolorosa particolarmente sensibile dal lato sinistro. L’iniezione test di Novocaina fatta in corrispondenza dei denti impattati non produsse il benché minimo miglioramento temporaneo del dolore, cosa che a nostro avviso si verifica quando l’infiammazione si è molto allargata sull’osso mascellare.

Infatti quando eliminammo il dente della fig. 83 riscontrammo che c’era stata una completa corrosione di una radice di questo dente e il riassorbimento apicale aveva consumato un’ampia area di osso mascellare. Già nei giorni successivi la paziente ebbe un notevole miglioramento con l’articolazione della spalla sinistra mentre la congiuntivite cronica dell’occhio sinistro scompariva completamente (fig. 84) (di solito però ci vogliono fino a due o tre mesi affinché casi oftalmologici cronici possano guarire).

Le infiltrazioni post-operatorie con procaina hanno sicuramente aiutato a migliorare anche l’affezione dell’occhio sinistro che era caratteristica perche’ limitata alla parte inferiore.

M.V., di Blanes, soffriva di un mal di testa unilaterale che guarì definitivamente con il nostro intervento. Nella panoramica dentale (Fig. 85) si notava un ampio processo osteitico in corrispondenza di un dente del giudizio impattato. L’unica possibile terapia fu appunto la sua estrazione con curettaggio dell’osteite.

Conosciamo bene le peregrinazioni senza fine di pazienti di questo tipo. Gli esperti del settore non hanno per niente presente la possibilità che alcuni di loro soffrano gli effetti focali di situazioni infiammatorie e infettive della sfera odontoiatrica. Particolarmente poco conosciuta è la situazione causale creata spesso dai denti del giudizio inclusi. Con l’avanzare dell’età, le persone hanno un sistema di regolazione sempre più rallentato e appesantito, per cui bisogna davvero iniziare a prestare particolare attenzione ai focolai dentali settici. Le atrofie marginali e intraradicolari a ridosso delle radici dentali hanno una valenza maggiore per gli anziani che non per le persone giovani e sane. Vediamo un esempio.

F.R.. fiscalista 70enne di Baden-Baden che soffriva da mesi di uno stato di affaticamento accompagnato da brevi episodi di forte depressione. In pratica aveva momenti di pianto per una profonda infelicità, senza che lui stesso potesse dare una spiegazione migliore. Non si riusciva a capire perché tutte le terapie fino ad allora avevano fallito. Si trovava qui in Spagna in vacanza e ci fu inviato da una nostra ex-paziente. La radiografia dentale (fig. 89) mostrava un’atrofia con osteite molto estesa intorno a un dente del giudizio. Il test sulla terza vertebra cervicale rivelava punti dolorosi consistenti con un focus mandibolare. Bonificato il campo di disturbo ci fu un rapido miglioramento. Un ulteriore miglioramento ci fu quando a distanza di tempo andammo a curettare di nuovo la rarefazione ossea di quel sito.

Spesso le persone con tanti disturbi di cui non si riescono assolutamente ad identificare le cause sono classificate come casi psichiatrici. Ebbene proprio questi sono dei “casi facili” per chi opera con le focalità dentali. Per esempio la radiografia della fig. 90 mostra il riassorbimento radicolare di un premolare in un 70enne di Barcellona, inviato a noi da un altro ex-aspirante da manicomio. Nella fig. 90 si nota anche la grossa rarefazione attorno al molare (che sembra quasi fluttuare nel vuoto, per la completa mancanza di aderenza all’osso). Ai bordi di queste aree appena descritte si nota anche una piccola condensazione, che rappresenta un tentativo di perimetrazione operato dall’organismo. Mi fa veramente piacere aver riportato questi ultimi due casi e relative radiografie perché ci invitano a valutare queste situazioni dentali prima di andare a provare qualsiasi altra terapia.

Ed ora osserviamo le vicende di un paziente 60enne commerciante di Lloret de Mar, che fu trattato anni fa niente di meno che dal presidente de la “Liga Mundial contra el Reumatismo“. Erano state tentate tutte le possibili terapie senza risultato, anche metodi naturali e cambi di alimentazione. La poliartrite era prevalente dal suo lato sinistro, cosa che automaticamente dovrebbe far indirizzare gli sforzi sulla indagine di focalità dentale. Dopo l’ennesimo tentativo presso un esperto molto accreditato, il medico di famiglia lo inviò da noi. Sono evidenti dalla radiografia una paradontosi (fig. 91) e un secondo molare superiore sinistro quasi espulso (che risultava ancora vitale) con atrofia marginale molto avanzata. Il reumatismo scomparve del tutto dopo l’estrazione di questo molare. Domanda: “Non sarebbe forse consigliabile iniziare sempre da qui, invece di doverci arrivare dopo innumerevoli e inutili spese mediche?”

Soffriva di eczema nella zona dell’orecchio sinistro la signorina M.G., 30enne di San Hilari Sacalm (Girona). Era un eczema umido molto fastidioso che interessava una zona alquanto ampia. Numerose terapie, anche in Inghilterra, non erano riuscite nemmeno a ridurre il disagio del prurito. La paziente presentava una paradontosi alquanto avanzata in relazione alla sua età. Il primo molare a sinistra, che vediamo dalla Fig. 92, era uscito abbastanza dal suo alveolo, risultava essere morto ed aveva creato un’ampia area di osteite che aveva raggiunto il dente affianco (che poteva essere forse un dente del giudizio). Coincidenza, anche l’eczema era confinato al lato sinistro.

L’estrazione del dente morto e il curettaggio dell’osteite fece scomparire questo eczema cronico. Non ci furono ricadute nel periodo di osservazione successivo di 10 anni.

Soffriva da molti mesi di epicondilite una signora di Torino 60enne. I medici non erano riusciti a trovarne la causa ma, come vedremo, era una cosa molto semplice. La signora si presentò da noi mentre era in vacanza in Costa Brava. In una bocca veramente ben curata, in cui non sembrava ci potessero essere problemi, trovammo invece una sorpresa: la radiografia mostrava che il secondo premolare inferiore destro aveva un’ampia osteite marginale di tipo rarefattivo (fig. 97). Dopo l’estrazione del dente coinvolto e il necessario curettaggio, il disturbo scomparve abbastanza rapidamente, anche grazie alle tre sedute di procaina che facemmo nei giorni immediatamente successivi in corrispondenza dell’alveolo del molare estratto.

Molti oftalmologi conoscono la capacità della patologia dentale di causare affezioni oculari di vario tipo. Per esempio fu proprio il prof. A. di Barcellona ad inviarci per una valutazione dentale completa un capomastro di Lloret de Mar, G.C., 45enne, che soffriva di una congiuntivite incurabile all’occhio destro. La radiografía mostrava chiaramente la presenza di un’ampia osteite marginale (fig. 98), posizionata sopra l’apice di un molare. Al momento dell’estrazione riscontrammo anche la presenza di una borsa profonda formatasi a ridosso della radice palatina. La guarigione avvenne entro le 24 ore dopo la bonifica di questi focus dentali. Come al solito, questo era un dente completamente asintomatico.

Dopo aver visto tanti casi simili, ci sembra veramente una cosa impossibile negare la correlazione causa-effetto tra patologie dentali e malattie degli occhi.

Ci fu inviato da un farmacista un paziente, J.C., con diagnosi di oftalmopatia, ovvero “trombosi della vena centrale della retina dell’occhio sinistro”. Di solito in questi casi si sospetta un’infezione, ma la terapia antibiotica non aveva ottenuto alcun miglioramento. I medici avevano anche decretato l’assenza di focus nei seni mascellari e nelle tonsille. Ma avevano dimenticato i denti: non c’erano carie, quindi avevano pensato che fosse tutto a posto. E vediamo ora le terapie! Il paziente aveva preso tantissimi farmaci, quelli steroidi e quelli usati per migliorare i parametri della coagulazione: Dosil, Fibrocid, Ronical, Heparin Vardasa, Farmapen, Ceporan, Heparin lipicaico, Sterisone Prontotard. Nonostante questo, la condizione del suo occhio non smetteva mai di peggiorare. Onore al farmacista che mandandoci questo suo cliente perse una seria fonte di reddito. La chiave di svolta fu quando notammo sull’ortopanoramica la presenza di due denti del giudizio con carenza di spazio e con borse retromolari.

La cicatrizzazione ritardata della ferita dopo l’estrazione ci diede un’idea del blocco del sistema di regolazione, dovuto sia alla cronicizzazione della focalità sia all’accumulo nell’organismo dei tanti farmaci che erano stati usati. La guarigione dell’oftalmopatia arrivò dopo qualche mese, quindi fu alquanto ritardata rispetto alla media. Che dire? I medici avevano cercato focalità ma non ne avevano trovato! La pesante terapia farmacologica era stata inefficace. Un altro dentista aveva insistito che non c’era nessuna necessità di togliere i due denti del giudizio, visto che erano sani. Fu il paziente pero’ che, dopo aver tolto il primo, ci chiese impaziente quando avrebbe potuto venire a togliere anche l’altro. Contrariamente ai medici che lo seguivano, lui era riuscito ad intuire che la nostra medicina era quella seria e risolutiva.

Pezzi di radice o altri rimasugli lasciati nell’osso

La paziente assumeva antibiotici da parecchi mesi a causa di una febbre reumatica. Il test delle vertebre cervicali rivelò la presenza di alcuni punti a destra che risultavano particolarmente dolorosi sotto pressione. Questi corrispondevano all’osso mascellare e mandibolare a destra (abbiamo descritto questo test già nelle pubblicazioni del 1958). La radiografía mostrava resti di una radice ritenuta (fig. 99) con ampia osteite. E dire che la gengiva appariva in uno stato perfetto! Dopo l’estrazione di questa radice ritenuta si produsse la guarigione completa della febbre reumatica senza che ci fosse bisogno dell’estrazione delle tonsille che le era stata prospettata in precedenza. È molto frequente osservare infezioni croniche delle tonsille in corrispondenza di radici residue ritenute o magari di denti del giudizio impattati.

L’ispezione visiva della bocca quindi non è sufficiente, è necessario avere una radiografia. Possiamo citare anche il caso di un paziente tedesco che era stato trattato per cirrosi epatica per anni, con tutti i possibili mezzi. Ma la bocca, che aveva vari denti settici e radici residue ritenute, fu completamente ignorata. Purtroppo gli esperti del settore continuano a disinteressarsene.

Secondo la nostra esperienza clinica, i resti di radici sono uno dei principali fattori causali in patologie neurologiche “incurabili”. Vedete per esempio nella fig. 105 una radice lasciata da una precedente estrazione dentale. Si trattava di un conduttore di autobus 30enne, J.F., inviatoci dal dottor D.B. La sua condizione era stata diagnosticata come “nevralgia del secondo ramo del trigemino.” Le cefalalgie si presentavano a ondate e i dolori partivano dalla regione temporale. Citiamo questo caso in rappresentazione delle migliaia che avvengono ogni anno senza che a nessuno venga in mente di bonificare questi resti prima che si trasformino in una tragedia per le persone che li portano. L’estrazione di questo resto di radice e il curettaggio dell’osteite marginale curarono il giorno stesso questo conducente di autobus dalla sua nevralgia “incurabile”.

Un’altra radice residua la ritroviamo nella radiografia di J.V. 50enne pescatore di Lloret de Mar che soffriva di cheratite e oftalmopatia cronica (fig. 106). Lo stato abbastanza avanzato del riassorbimento osseo (osteite) in corrispondenza di quella radice morta è facilmente riconoscibile. Vorrei ricordare che quella radice causava non solo l’oftalmopatia, ma anche una leggera atassia e congestione cerebrale. Siamo autorizzati allora a parlare in questi casi di vera e propria intossicazione d’intere parti dell’organismo.

La storia seguente merita di essere descritta, perché la chiave di volta per la guarigione fu l’insistenza del Dr. V.A., il più famoso oftalmologo di Spagna, che ebbe l’iniziativa di inviarci per la seconda volta per un controllo una sua paziente. All’inizio aveva chiesto alla paziente, una 60enne di Barcellona che accusava un’inspiegabile abbassamento di visione all’occhio destro, di venire da noi ad eliminare i focus dentali nella bocca prima di avviare le sue terapie classiche. Si poteva vedere solo un’osteite diffusa prodotta da una radice quasi riassorbita (fig. 107). Vedete bene che il problema di visione lo aveva proprio dall’occhio dello stesso lato. L’estrazione del dente con curettaggio portò al miglioramento dell’oftalmopatia e la paziente ritornò a vederci bene. Qualche mese più tardi peggiorò di nuovo, ritornò dall’oftalmotologo che di nuovo la mandò da noi con la richiesta d’individuare altri focus dentali. Altri focus? Riesaminando la radiografia noi non ne vedevamo. Comunque ci rimettemmo alla ricerca ed individuammo una borsa profonda al lato del secondo incisivo, come si vede anche dalla figura 108. E andando ad estrarre questo dente ci fu la sorpresa: alla radice era rimasta conficcata una setola di spazzolino da denti! Dopo la nostra estrazione dentale di qualche mese prima, la paziente aveva iniziato a spazzolarsi i denti con molta forza, producendosi così la ferita descritta. Se l’oftalmologo non fosse stato cosi’ sicuro che tutto il resto che riguardava la salute era a posto, obbligandoci quindi a trovare un focus dentale, il nostro primo intervento sarebbe apparso inutile e inconcludente. La paziente non ha più avuto ricadute.

E.P., 40enne di Huelva, aveva sofferto di attacchi di vertigine per 7 anni, col tempo diventati malattia di Meniere, cioè era periodicamente costretta a letto per diversi giorni con nausea. Le terapie specifiche nel suo caso non erano state di alcuna utilità. Nella fig. 110 notiamo la presenza di un resto di radice circondato da zona osteitica indicata dalla freccia. La guarigione iniziò due giorni dopo il nostro intervento di allontanamento della radice, sebbene al decimo giorno comparvero dei piccoli disturbi passeggeri che sono un classico nei casi particolarmente tossici. Si tratta di una reazione attribuibile alla disintossicazione dagli anticorpi creati dalla malattia cronica.

M.G., una signora 45enne di Barcellona, venne da noi non perché inviata da qualche medico ma perché aveva sentito dire più e più volte dai suoi conoscenti che molte patologie vengono dai denti. Suo marito, che era con lei, ci disse: “Mia moglie l’anno scorso mi è costata un’intera mensilità di stipendio in medicamenti, cure e carne di cavallo. E nonostante tutto non abbiamo visto miglioramenti”. Il problema più prominente era l’anemia, gli eritrociti erano a 2.5 Mil/µl (mentre i valori normali sono tra 3,9 e 5,2 Mil/µl). Era evidente una paradontopatia avanzata e, a destra, un piccolo residuo di radice con osteite diffusa (fig. 111). Dopo l’eliminazione del resto di radice e della zona osteitica, senza che fosse stato fatto niente per la paradontopatia se non l’estrazione, il numero degli eritrociti aumentò ai suoi valori normali nei due mesi seguenti. Qualche tempo più tardi il marito, contento di veder curata la sua cara sposa, mi regalò un piattino d’argento a forma di conchiglia con una perla autentica, dicendomi: “Questo è il simbolo del ritrovamento della causa di una malattia”.

Quando ci sono numerosi focus e se ne elimina uno solo, può succedere che scattino nel giro di qualche tempo “risposte” indesiderate da altri focus: è una fase acuta in cui i focus che permangono originano una potenziazione reattiva dell’organismo, in pratica l’organismo raccoglie le forze per avvertirci che esistono focus.

Per evitare queste reazioni, in questa signora 70enne di Cuba decidemmo di estrarre tutti i rimasugli di radici che aveva in una seduta unica. La donna soffriva di astenia, dolori articolari e anemia. Nonostante avesse preso tonnellate di medicamenti da una gran folla di medici, non c’erano stati risultati positivi. Continauva a dover rimanere a letto per intere settimane.

I residui di radice nell’osso mandibolare possono portare un contributo tossico-infettivo notevole all’organismo. Questo il Dr. B. lo sapeva e perciò ci aveva inviato la paziente. La terapia consistette nelle estrazioni in un’unica seduta di tutti i resti di radice. Il risultato operatorio fu buono. La paziente recuperò in modo soddisfacente nei due mesi seguenti, i disturbi del suo quadro clinico scomparvero e gli eritrociti ematici tornarono a valori normali, mentre in precedenza erano stati di 2.5 Mil/L. Il suo stato di salute cambiò totalmente: poteva fare delle lunghissime camminate e permettersi un’alimentazione meno rigida. Ancora una volta abbiamo osservato come l’organismo può proprio diventare ostaggio di stimoli irritativi e della tossicità di focus infettivi.

I livelli di emoglobina della signora O. rimanevano basso, a 6.7 g/L, e non rispondevano proprio a nessuna terapia. Fu il Dr. G.D. ad inviarci questa 45enne colombiana. Dopo l’eliminazione di un resto di radice (quasi invisibile dalla radiografía) e il curettaggio della adiacente zona osteitica, l’emoglobina aumentò in meno di tre mesi fino a 14,40 g/L (valori normali da 12 a 16 g/L ).

La signora R., 48enne casalinga di Lloret, soffriva da alcuni mesi di una sindrome cervicale molto dolorosa e brachialgia al braccio sinistro, resistente a tutti i trattamenti. Le tonsille erano atrofiche con alcune cripte. Iniettammo i poli amigdalari ottenendo addirittura un peggioramento e al tempo stesso leggeri dolori nella regione mascellare sinistra, laddove la radiografia mostrava una radice relitta. La guarigione completa arrivò proprio quando andammo a togliere la radice relitta e tutta l’area osteitica che aveva creato.

Ci capita spesso di osservare in circostanze simili che le tonsille ritornino alla normalità e non debbano più essere rimosse. Ma per evitare che rimangano un campo d’irritazione secondario effettuiamo sempre in questi casi fino a cinque sedute di iniezioni di neuralterapia nei canali mandibolari, usando ogni volta 0.5 ml di anestetico senza vasocostrittore, per esempio la procaina.

Il signor J.V., contadino di Blanes soffriva oltre che di tinnito, che era il fastidio maggiore, anche di lievi vertigini, artrite, ecc. Ebbene trovammo un piccolo resto di radice nella regione dei premolari (Fig. 114). In corrispondenza dell’intervento in cui abbiamo eliminato questo pezzettino di radice residua dall’osso, con lo speculum riscontrammo anche l’esistenza di una zona ossea molliccia che si estendeva fino alla cavità mascellare (Fig. 115), che ovviamente andammo a curettare via. Questo intervento appena descritto produsse una guarigione completa di tutti i disturbi, il tinnito, l’artrite e le vertigini.

Soffriva di nevralgia del terzo ramo del trigemino padre R, 65enne di Tordera. Ebbene la causa era una radice relitta ben visibile dalla radiografia (Fig. 116). Però la zona appariva completamente normale, cosi come la gengiva. La nevralgia sparì del tutto dopo l’estrazione chirurgica di quei resti di radice. Nel periodo di osservazione di dieci anni non si ebbe neppure una ricaduta. Abbiamo detto dei resti di radici, bisogna però specificare che la maggior parte delle nevralgie sono in relazione con osteiti residue e processi di ossificazione alterati, le cosiddette “cavitazioni” e osteomieliti.

Il problema è che le immagini radiografiche di queste zone mantengono un aspetto del tutto normale, nonostante il fatto che l’area spugnosa dell’osso sia completamente alterata. Infatti sulla radiografia queste aree di osso spugnoso alterato si sovrappongono con l’intensa area di calcificazione dell’osso corticale, che è lo strato più esterno della struttura ossea. Un’indicazione diagnostica importante da verificare sulla radiografia non è sempre solo la rarefazione, che è difficile da vedere, ma piuttosto la presenza di segni di condensazione che spesso si verifica a margine di essa. Con il test di elettroagopuntura di Voll (EAV) è spesso possibile fare una diagnosi alternativa sulla presenza di queste osteomieliti croniche.

Donna 50enne di Bruxelles con paralisi progressiva del nervo glossofaringeo (SLA, sclerosi laterale amiotrofica). Il problema neurologico (difficoltà progressive nel deglutire e nel parlare) erano accompagnate da una trasformazione della personalità (mancanza totale di interesse, apatia, etc.). Sebbene questa malattia sia a nostro avviso inguaribile, dopo la bonifica dentale ci fu un considerevole miglioramento dello stato generale: la malattia neurologica continuò a progredire, però molto più lentamente e senza i disturbi secondari che c’erano stati prima. La paziente tra l’altro tornò a mostrare interesse per la vita e mantenere un atteggiamento più positivo rispetto ai fatti.

Il primo molare superiore destro era cancrenoso e presentava un’osteite apicale e marginale (fig. 109); poi si notavano anche carie superficiali al premolare e al dente del giudizio. C’era anche gengivite ipertrofica. Procedemmo alla bonifica completa degli elementi che abbiamo indicato anche se sapevamo che la malattia non poteva essere fermata. Al momento dell’estrazione del primo molare superiore destro trovammo che la parete mascellare era stata distrutta. L’osteomielite aveva fatto scomparire la separazione tra il dente e il seno mascellare. E si verificava la secrezione di liquido torbido, probabilmente linfatico, apportato dall’organismo come difesa dalla anomala situazione della zona. La nostra opinione è che questo insulto tossico debba comunque essere tolto, anche se in questo caso particolarissimo la guarigione non può essere raggiunta.

Lorenzo Acerra

Lorenzo Acerra, Lorenzo Acerra, nato nel 1971, autore di libri, chimico. Competenze: danni da denti devitalizzati, danni da amalgama, mal di latte. Laureato in chimica industriale nel 1994, attivista per quasi dieci anni nell'ambito delle intossicazioni da mercurio, relatore ai seminari della Società  italiana di medicina funzionale (SIMF), E' stato uno dei soci fondatori dell'Associazione per la difesa dalle otturazioni di mercurio (ADOM). Ha pubblicato vari libri di medicina naturale tra cui i best-seller Denti tossici e Magnesio (Macro Edizioni).

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