IL DRAMMA DEI LAVORATORI DELLE
BANANERAS IN NICARAGUA
INTERVISTA
A VICTORINO ESPINALES REYES
Stanno morendo lentamente o spesso sono rimasti sterili. Sono
i lavoratori e le lavoratrici delle bananeras del Nicaragua che,
dopo decenni di sfruttamento da parte delle Compagnie Multinazionali
che li hanno inondati con pesticidi gravemente tossici, ora sfidano
i colossi nordamericani in un processo storico.
Intervista a Victorino Espinales
Reyes
(Presidente della Fundaciòn dei Lavoratori delle Bananeras
in Nicaragua Colpiti dagli Effetti del Nemagòn e Fumazone
- per l'Ass.ne Italia-Nicaragua - Giorgio Trucchi).
Può fare la storia della produzione del banano in Nicaragua?
Possiamo dire che la produzione del banano in Nicaragua si sviluppa
in cinque tappe. La prima inizia a principio del secolo, intorno
al 1910-1912. E' un tipo di coltivazione spontanea e poco curata
ed avviene sulla Costa Atlantica, ma si hanno poche informazioni
su quel periodo.
La seconda tappa è durante gli anni '60. La produzione
avveniva in base ad un progetto che si chiamava INFONAP (Instituto
de Fomento Nicaraguense a la Producciòn). Cominciò
una certa pianificazione, ma non durò molto perché
non rispondeva ai bisogni delle multinazionali. La produzione
veniva gestita dai privati che mettevano i terreni e parte del
capitale; dallo Stato che metteva il capitale e l'esonero dalle
imposte e dalle Multinazionali che mettevano la tecnica, il mercato
ed il commercio. Durò 4 o 5 anni. In questo periodo fece
l'apparizione l'uso di prodotti chimici per debellare i parassiti
delle piante, ma le quantità erano minime. A quel tempo
io avevo 12 -13 anni ed aiutavo mio padre nelle piantagioni.
Apparve il Nemagòn che è meglio conosciuto come
DBCP (dibromo-3-cloropropano). A quel tempo c'era la Chiquita,
ma per noi sono tutte la stessa cosa. Hanno una casa centrale
negli USA e fingono di essere separate, cose diverse, ma sappiamo
che l'obiettivo, il contenuto e la linea economica è uguale
per tutte. Ora, per esempio, la Standard Fruit si è ritirata,
anche se sta per tornare, ma ha la licenza commerciale, mentre
la Chiquita è quella che trasporta. Tornando all'uso
del Nemagòn...veniva immesso nel suolo con grosse siringhe
da 2 galones e mezzo (circa sei litri) facendo tre buchi intorno
alla pianta dove c'erano le radici. Questo serviva ad eliminare
i parassiti terrestri come il gusano barrenillo, il cuerudo ed
i funghi.
A partire dal 1968 sparì INFONAP ed intervenne la Standard
Fruit Company (SFC) che, allora, era sconosciuta in Nicaragua
mentre era già presente in Costarica ed Honduras. Cominciò
a fare esami alla terra, alle strutture, alle vie di comunicazione
e decise che il Nicaragua era un ottimo posto in cui investire.
Chiaramente quello che gli interessava era il guadagno e non
certo il beneficio sociale e la saluta della gente.
Per poter cominciare a produrre avevano bisogno di alcune condizioni:
strade accessibili, terre buone di tipo A; un porto che fosse
vicino per il carico e scarico del materiale tecnico e della
produzione e una manodopera forte, instancabile ed a basso costo.
La zona di Chinandega, ad occidente del paese, godeva di tutte
queste condizioni.
Chinandega, Posoltega, Chichigalpa, El Viejo, Tonolà,
Puerto Morazàn, Corinto e Villa 25 de Julio, che a quel
tempo dipendevano dalla produzione del cotone, ormai in crisi,
si convertirono nelle zone del banano.
A partire dagli anni '70 iniziò già un'altra fase
in cui le multi-nazionali strutturarono il territorio in base
ai propri bisogni. Le terre restarono in mano ai privati e le
multinazionali le affittavano solamente ma, in effetti, erano
quelle che avevano in mano il controllo di tutto: la tecnica,
il mercato ed il commercio/trasporto. Il padrone della terra
era solo un alleato, ma erano la Dole, come trasportatrice e
la SFC, come produttrice, che controllavano il settore.
Si ebbe anche un grosso cambio all'interno della produzione.
Il lavoro era più tecnicizzato; migliorò notevolmente
la produzione in termini di qualità e quantità;
s'impiantarono nuovi tipi di sistemi d'irrigazione con cannoni
alti 3 metri che sparavano l'acqua ad 80 metri di distanza. Allo
stesso tempo, però, peggiorava la situazione dei lavoratori
che dovevano fare turni massacranti con un salario misero ed
un'alimentazione pessima.
A partire da questo periodo si cominciò ad utilizzare
in modo massivo e continuato il Nemagòn, sia con le siringhe
che con i cannoni d'irrigazione con una pressione a 160 libbre.
In questo modo notammo che venivano controllati i parassiti terrestri
ma anche quelli aerei e che le piante divennero molto più
alte, frondose ed il casco di banane passò a pesare da
110-120 libbre (55 Kg) a 160-170 libbre (80Kg) ottenendo, per
ognuno, fino a 2 casse e mezzo di banane. Ad un certo punto,
però, notammo che, oltre a controllare ed uccidere i parassiti,
uccideva qualsiasi forma di vita animale che si aggirava tra
i banani: galline, uccelli, rospi, serpentelli, formiche. La
cosa cominciò ad insospettirci, ma mai immaginammo e mai
nessuno ci avvisò dei rischi e che il prodotto potesse
provocare danni alle persone; mai ci diedero un corso o delle
informazioni su come proteggerci, o che metodi usare per prevenire
i danni che causava.
Un'altra cosa che scoprimmo fu che il prodotto veniva cosparso
solo di notte altrimenti di giorno sarebbe evaporato per l'alta
temperatura evaporando prima di poter rendere effettivo il suo
potenziale.
Si continuò così fino alla fine degli anni '70.
Nel 1979 ci fu la Rivoluzione Sandinista con la caduta del dittatore
Somoza e la confisca delle sue proprietà e di quelli che
erano i suoi maggiori alleati all'interno della Guardia Nacional.
Le bananeras, però, non furono mai confiscate perché
i proprietari non erano schierati con Somoza ed il suo partito,
ma lo appoggiavano in quanto era l'unico modo per poter operare
in Nicaragua in quel tempo. Uno solo, Alfonso Deshon Callejas,
era un vero somozista ed era stato vicepresidente della repubblica.
Nel 1980, come lavoratori, chiedemmo al Governo che intervenisse
nelle bananeras per difendere i nostri diritti che erano continuamente
calpestati. Il Governo sandinista decise, quindi, di non espropriare
le terre, ma di prendere in mano la politica economica, commerciale,
amministrativa e produttiva del banano e le multinazionali,
nel 1982, abbandonarono il paese senza pagare un contratto di
4 anni e mezzo per la produzione già effettuata.
Lo Stato formò, allora, due imprese: laEMBANOC che si
occupava della produzione e la BANANIC INT. che era la commercializzatrice.
A causa dell'embargo USA e della guerra con la Contras si riuscirono
sì ad aprire nuovi mercati, ma crollò la produzione
che passò da 6 milioni e mezzo di casse per anno a 2 milioni
degli anni '80.
Nel 1990, dopo la sconfitta elettorale del FSLN e l'elezione
di Violeta Barrios de Chamorro, si cominciò la quinta
fase della storia del banano nel nostro paese. Il nuovo Governo,
come prima cosa, sospese un processo contro la Standard Fruit
iniziato dal Governo sandinista nel 1987 presso la Corte Suprema
dell'Aia per lo sfruttamento ai lavoratori nicaraguensi durante
gli anni '70 e per il mancato pagamento dell'usufrutto delle
piantagioni.
Venne sciolto EMBANOC ed il controllo delle proprietà
restituito ai proprietari.
Nel 1992 ritornò la Chiquita Brand. ed il prossimo agosto
tornerà la Standard Fruit.
La produzione cominciò a migliorare. Nel 1992 si risollevò
a 3 milioni e mezzo di casse per anno e l'anno scorso arrivò
a 5 milioni.
Oggi, purtroppo, si è tornati esattamente alla situazione
degli anni '70; le multinazionali sono quelle che definiscono
le regole della produzione, del commercio, dell'aspetto tecnico-amministrativo
ed i privati, proprietari delle terre, sono solo figure decorative.
Non possono produrre senza l'appoggio delle multinazionali ed
inoltre si devono sobbarcare l'aspetto della contrattazione e
della gestione della manodopera.
In tutto ci saranno tra i 3800 ed i 4200 lavoratori dei quali,
solo 600, fanno parte della vecchia guardia; gente che ha 45-50
anni e che non regge più questo tipo di lavoro. La maggior
parte dei nuovi sono giovanissimi ed hanno tra i 16 ed i 22 anni
e sono quelli che io chiamo "la nueva clase obrera".
Vivono ancora condizioni di lavoro pessime. Hanno contratti
a termine che vengono rinnovati se si comportano bene e non creano
problemi; guadagnano circa 1 dollaro per le 8 ore di lavoro e
possono raggiungere i 3 dollari facendo fino a 10 e più
ore. E' gente che, quando avrà 30 anni ne dimostrerà
50. Il vitto è pessimo e poco nutriente. Ci sono stati
dei miglioramenti rispetto ai carichi di lavoro, ma è
un'inezia rispetto alle condizioni generali. Tutti lo sanno,
ma nessuno fa nulla.
Come si arrivò a
capire che la causa delle tante malattie di cui soffriva la popolazione
delle bananeras era il Nemagòn?
Nel 1990, una volta caduto il Governo Sandinista, andai in Guatemala
ad un Convegno Ecologico. In quel tempo lavoravo ancora con la
CST (Central Sandinista de los Trabajadores) e con la ATC (Asociaciòn
Trabajadores del Campo) e quindi riportai tutto quello che avevo
visto e sentito. Là mi resi conto che in altri paesi,
come Costarica, Honduras, Guatemala, si stavano facendo indagini
e ricerche sulle cause che stavano facendo ammalare e morire
centinaia di persone che avevano lavorato nelle bananeras. Vidi
che le malattie erano le stesse di cui soffrivano anche i miei
compagni di lavoro. Scoprii, inoltre, che i prodotti Nemagòn
e Fumazone, entrambi a base di DBCP (dibromo-3-cloropropano),
erano stati vietati negli USA già negli anni 70 e che
quindi, le imprese produttrici e quelle applicatrici e commercializzatrici,
lo avevano impiegato ugualmente in Centroamerica nonostante,
negli USA, alcune persone avessero già vinto cause milionarie
per i danni ricevuto dal contatto con questi prodotti. Si parlava
di indennizzi di 1 o 2 milioni di dollari.
Immediatamente ci mettemmo al lavoro per poter far causa alle
ditte produttrici del Nemagòn, come la Shell Oil Company,
la Dow Chemical e la Occidental Chemical Inc, ed alle imprese
applicatrici come la Standard Fruit C.
Nel 1990 si aprì il processo negli USA e portammo tutti
gli esami fatti ai lavoratori ed alle lavoratrici. C'erano buonissime
possibilità di vittoria, ma purtroppo, i nostri stessi
compagni leader dei sindacati, con il beneplacito del Governo
e degli avvocati, giunsero ad un accordo extragiudiziale con
le Compagnie produttrici e ricevettero 28 milioni di dollari
in cambio di una firma su un documento che declinava qualsiasi
responsabilità delle imprese per i danni subiti dai lavoratori
a seguito del contatto con i pesticidi a base di DBCP.
A questo accordo parteciparono solo 812 lavoratori degli oltre
duemila che avevano fatto causa. Gli altri, rendendosi conto
dello sporco gioco che si stava facendo alle loro spalle, rifiutarono
l'offerta.
Degli 812 lavoratori, l'85% ricevettero 100 $ di indennizzo;
36 più di 500$; 16 tra 1000 e 1500 $ e solo 5 o 6 ricevettero
da 2000 a 3000$. Questo dipese dalle conoscenze e dal legame
che avevano con il sindacato. Il resto dei milioni, ancora oggi,
non si sa che fine hanno fatto. Dopo il 1992, con la fine del
tentato processo, si persero tutte le informazioni e con il resto
dei lavoratori, decidemmo di fondare una nuova associazione,
la ASOTRAEXDAN (Asociaciòn de Trabajadores y Ex Trabajadores
Afectados por el Nemagòn), completamente staccata da
partiti politici e da sindacati come la ATC e la CST.
Quali sono i danni e le
malattie più gravi che hanno colpito i lavoratori e le
lavoratrici delle bananeras?
I danni sono tanti ed enormi:
vi sono stati già 110 morti per varie cause e molti altri
compagni stanno solo aspettando la fine dato che i dottori gli
hanno già diagnosticato che non c'è cura.
Stiamo parlando di tumori ai reni, al pancreas, alla milza; cecità
precoce con persone di 40 anni che non vedono quasi più
nulla; fragilità ossea; aumento esagerato della temperatura
corporea; atrofia dei testicoli; ematomi, eruzioni cutanee e
deformazioni in tutto il corpo; perdita di peso; caduta della
pelle, dei capelli e delle unghie; alterazioni nervose; sterilità
totale, parziale e danneggiamento degli spermatozoi che stanno
provocando la nascita di bimbi deformi.
Abbiamo già prove che il potere residuo del Nemagòn
nel sottosuolo è di almeno 120 anni.
In tutti questi anni, nei 7 municipi dove sono state sviluppate
le bananeras, sono passati tra gli 8400 ed gli 8600 lavoratori
di cui 2500 donne. Inoltre, il problema, è più
ampio. Il Nemagòn, come detto, veniva irrorato di notte
ed i primi lavoratori arrivavano alle 4 di mattina e poi ci passavano
le mogli che gli portavano il pranzo; i bambini che venivano
a giocare; le famiglie di lavoratori o custodi che vivevano
dentro le bananeras. A tutte queste persone cadevano le goccioline
condensate del pesticida o comunque, in qualche modo, venivano
a contatto con il prodotto comprese le donne che lavoravano nell'impacchettamento
delle banane. Si può quindi dire che il problema tocca
l'intera comunità e tutte quelle famiglie che, ad esempio,
attingono l'acqua dai pozzi, un'acqua che è contaminata
dal Nemagòn
Stiamo parlando di almeno 20 mila persone che sarebbero da controllare
con degli esami medici completi. Si calcola che, in ogni famiglia
composta in media da sei persone, almeno quattro sono colpite
da malattie che derivano dal contatto con il Nemagòn.
Nessuna struttura pubblica controllata dal MINSA (Ministerio
de Salud) ci ha voluto aiutare facendo diagnosi alle persone
che portavamo. Il personale ha paura delle ritorsioni del Ministero
e di essere licenziato. Ci dicono le cose di nascosto, ma non
sono disponibili a scriverle ufficialmente. Siamo stati costretti
ad andare presso laboratori privati che sono carissimi. Un esame
completo per una donna costa più di 100$ e restano ancora
da far visitare 1800 uomini e 1000 donne, per poi poter iniziare
con il processo contro le multinazionali. La maggior parte di
loro non hanno speranza e sono destinati a morire ed oggi stanno
già vivendo una situazione di morte sociale perché
nessuno dà loro lavoro quando si presentano senza capelli,
senza unghie, senza pelle o perché non ce la fanno più
e si stancano subito. Per questo abbiamo fondato anche questa
Fondazione, la FUNPPANFBAN.
Quali sono gli obiettivi
di questa Fondazione?
La Asotraexdan, di cui sono presidente, è un'associazione
nata prevalentemente per la lotta dei lavoratori delle bananeras
e per poter fare pressione per l'approvazione di una legge specifica
per i colpiti dall'uso del Nemagòn, cosa che ci permetterà,
ora, di fare causa alle multinazionali. In quanto associazione
siamo però limitati in quanto ai rapporti con altre associazioni
straniere che vogliono aiutarci, anche economicamente, nella
nostra lotta e quindi abbiamo dato vita alla Fundaciòn
che ha obiettivi prevalentemente incentrati nell'aiuto concreto
alle persone che non sono più in grado di autosostenersi
perché malate e con un futuro totalmente incerto.
Tra i vari obiettivi abbiamo quelli di un progetto di salute
integrale che comprenda una terapia psicologica riabilitativa
e ricreativa per le persone colpite dalle malattie; la creazione
d'impiego attraverso piccoli progetti produttivi; un progetto
di ricerca medica con la creazione di un laboratorio proprio
in modo da non dover dipendere dal MINSA. Tutti i progetti produttivi
saranno a livello municipale ed a conduzione collettiva. Esiste
il problema della terra su cui sviluppare tali progetti. L'idea
è quella che, una volta iscritti regolarmente al MINGOB
(Ministerio de Gobernaciòn) per evitare quello che sta
succedendo alle altre fondazioni che, non essendosi iscritte,
ora rischiano la chiusura in quanto scomode al governo, di chiedere
le terre al Governo stesso. Se non incontreremo la disponibilità
dovremo chiedere ai privati i finanziamenti per l'acquisto.
Una cosa è certa: qualsiasi tipo di progetto produttivo
dovrà essere avviato senza l'uso di prodotti chimici.
Cercheremo di lavorare con prodotti organici, ma di chimici non
ne vogliamo nemmeno sentir parlare. Sarà più difficile
e lungo, ma per noi è fondamentale dopo tutto quello che
abbiamo vissuto e continuiamo a vivere.
A che punto è la
Legge che inquadra e regola la tematica del Nemagòn?
Il 17 gennaio del 2001 è stata finalmente pubblicata dopo
un'attesa di più di due mesi in cui il Presidente Alemàn
l'aveva messa nel cassetto e sembrava non volesse firmarla.
E' stato un parto difficilissimo, ma alla fine ce l'abbiamo fatta.
Ci abbiamo messo più di due anni e contando solo con le
nostre forze e gli aiuti economici di amici. Ci siamo scontrati
con le resistenze del governo, dei sindacati e dei partiti perché
eravamo troppo scomodi dopo aver denunciato la vergogna del processo
dei 28 milioni di dollari di cui ho già parlato. Il caso,
però, era troppo grosso ed abbiamo fatto una grande pubblicità,
nel paese e fuori, sui disastri provocati dal Nemagòn
e quindi, alla fine, le Commissioni Lavoro e Diritti Umani del
Parlamento hanno spinto affinché la Legge 364 venisse
approvata.
Nell'ottobre scorso siamo rimasti 3 settimane accampati davanti
all'Asamblea Nacional fino all'approvazione della Legge. In molti
ci hanno aiutato con viveri, coperte, tende e sono stati tantissimi
quelli che arrivavano anche solo per darci la loro solidarietà.
Abbiamo anche dovuto minacciare di sfilare nudi per le vie della
città mettendo in mostra i danni che il Nemagòn
ha provocato ai nostri corpi, ma per fortuna non ce n'è
stato bisogno.
Voglio risottolineare la totale solitudine in cui ci hanno lasciato
le istituzioni: quello che abbiamo fatto l'abbiamo fatto da soli,
altrimenti saremmo ancora qui a leccarci le ferite.
Quali sono i contenuti della
Legge 364?
E' una legge molto importante, in quanto è l'unica che,
nel Continente Latinoamericano, tratta direttamente la problematica
del Nemagòn e di tutti i prodotti a base di DBCP.
In sintesi, dalla data di notifica della denuncia alle Compagnie
Multinazionali, che per ora sono la Dow Chemical, la Occidental
Chemical Corp., la Shell Oil Company, come produttrici e la Standard
Fruit Company, la Standard Fruit and Steamship, la Dole Fruit
Company e la Chiquita Brand Inc., come applicatrici, tali compagnie
avranno 90 giorni per depositare 100 mila dollari come garanzia
per gli eventuali indennizzi ai lavoratori e per coprire parte
delle spese processuali. In caso di mancato versamento il processo
verrà spostato negli USA per eseguire la sentenza che
sarà già di colpevolezza in quanto non avranno
rispettato i termini di legge e dovranno rinunciare al "Foro
non Conveniente".
Questa formula del "Foro non Conveniente" era stato
applicato dalla Corte di Giustizia USA su richiesta delle multinazionali
affinché, basandosi sul fatto che i denuncianti non erano
nordamericani e che quindi non potevano avvalersi delle leggi
e delle strutture USA, tutte le cause venissero spostate nei
paesi di origine dei denuncianti contando sul fatto che, lì,
non esistevano leggi apposite.
La legge, inoltre, prevede che le compagnie dovranno, sempre
entro i primi 90 giorni, depositare 300 milioni di dollari, in
una banca da loro scelta, come anticipo sugli eventuali indennizzi
che dovranno versare ai lavoratori.
Vengono anche previste due cose molto importanti e cioè
che i lavoratori, per dimostrare la loro malattia derivante
dal contatto con il Nemagòn, dovranno presentare due certificati
medici emessi da cliniche riconosciute dal MINSA e che si prevedono,
come indennizzi cumulabili tra loro, le cifre di 100mila dollari
per chi soffre di sterilità totale; 50mila dollari per
chi soffre di sterilità parziale e 25mila dollari per
gli altri tipi di malattia. Chiaramente chi è colpito
da più effetti del Nemagòn potrà sommare
i vari indennizzi. Sappiamo che non è molto rispetto agli
indennizzi milionari che alcuni cittadini USA hanno ricevuto
per casi come i nostri, ma siamo in Nicaragua e questo è
già un passo molto importante.
Immagino che le multinazionali
staranno muovendosi per difendere i propri interessi e la propria
immagine. Avete già avuto modo di capire quali saranno
le loro mosse dopo l'approvazione di questa legge?
Loro stanno cercando di agire in due modi: il primo è
comprandoci. A me hanno offerto 20mila dollari affinché
mi astenessi dalla lotta; ad altri mille o 5mila dollari, ma
non abbiamo accettato e gli abbiamo risposto che noi non cerchiamo
i soldi, ma che volevamo dare un esempio che potesse servire
anche per il resto dei paesi in cui sono avvenute le stesse
cose. Abbiamo voluto dimostrare che in Nicaragua esiste ancora
gente che crede nella classe lavoratrice e nei suoi diritti.
Il secondo tentativo è stato quello di far credere al
paese che, con questa causa milionaria aperta, il mercato del
banano sarebbe crollato lasciando a spasso migliaia di lavoratori.
Sappiamo che è falso ed anzi, le notizie che abbiamo è
che il mercato è in espansione.
Esiste un'altra formula piuttosto ambigua che é stata
inserita nella legge e che potrebbe rivelarsi un'arma a doppio
taglio. L'articolo 13 dice che, per i lavoratori denuncianti
che non hanno i soldi per avviare il giudizio, lo Stato è
obbligato a fornire i mezzi e l'assistenza tecnica e finanziaria
necessaria. Nel momento in cui lo Stato paga il processo potrebbe,
poi, farsi passare come beneficiario degli indennizzi ; proprio
per questo stiamo cercando il maggior numero di appoggi per evitare
di incorrere in questo rischio.
Dicevi che esiste già
un processo aperto. Con l'approvazione della legge 364 aprirete
un'altra causa o continuerete con quella già in corso
ampliando il ventaglio delle imprese denunciate?
Queste sono due possibilità che stiamo studiando attentamente
perché non vogliamo lasciare nemmeno una minima possibilità
di scappatoia alle imprese. Non lo abbiamo ancora deciso ed
i nostri avvocati le stanno studiando a fondo tutte e due.
La causa già aperta, per 10 milioni di dollari, risale
al 1998 quando denunciammo la Dole e la Standard Fruit Company
per tutto quello che avevano fatto, negli anni, ai lavoratori.
Riuscimmo, con una sentenza di una giudice e la collaborazione
di due ottimi avvocati, a far mettere sotto sequestro giudiziario
preventivo 54 camion, del valore di 40 mila dollari cadauno,
pieni di banane che erano già pronti a varcare la frontiera
honduregna ed a bloccare, con più di 2mila lavoratori,
le uscite delle varie fincas dove si produce il banano. Il blocco
durò per alcune settimane e le compagnie gridarono allo
scandalo.
Venimmo anche denunciati dalle compagnie stesse, ma il loro obiettivo
era solo quello di arrivare ad un accordo extragiudiziale, cosa
che non accettammo arrivando fino in fondo al processo e la Suprema
Corte di Giustizia ci dette ragione e quindi, ora, siamo totalmente
liberi.
Come si risolse la protesta
del 1998?
Alla fine decidemmo di togliere i blocchi perché avevamo
già raggiunto il nostro obiettivo che era quello di denunciare
quello che stava succedendo e l'abbandono in cui, tutte le istituzioni,
i partiti ed i sindacati, ci avevano lasciato. Sapevamo, inoltre,
che il Governo avrebbe fatto intervenire la polizia antisommossa
cosa che, puntualmente, si verificò il giorno stesso in
cui togliemmo i picchetti.
Non serviva più continuare perché, dopo lo scandalo,
avevamo il compito di cominciare a lavorare seriamente per l'approvazione
della legge e concentrare lì i nostri sforzi.
Per quello che riguarda i camion il Governo fece pressione sul
responsabile della Dogana affinché li facesse passare
di nascosto. Restano, comunque, sotto sequestro e se dovessero
tornare glieli riprendiamo nuovamente. La denuncia, come ti dicevo,
è ancora aperta e vedremo se ampliare questa, estendendola
alle altre compagnie produttrici ed applicatrici del Nemagòn
che, in totale, dovrebbero essere circa 20, o se aprire un nuovo
processo.
Come Fondazione ed Associazione
state lavorando anche con i nuovi lavoratori?
Attualmente non rientra nei nostri piani perché siamo
concentrati sulla legge e sulla denuncia che dovrebbe, una volta
per tutte, rendere giustizia, almeno economicamente, alle migliaia
di lavoratori e lavoratrici che hanno subito i danni dell'uso
del Nemagòn, ma abbiamo già in cantiere la formazione
di due sindacati municipali che entrino con forza per la difesa
dei diritti dei nuovi lavoratori che, come ho già detto,
sono ancora violati.
Esiste a livello centroamericano
un coordinamento dei comitati che stanno lavorando sulla situazione
delle bananeras?
Ci stiamo interessando a questo. Partiamo da tre presupposti:
1) Il problema è uguale in tutta l'America Latina ed ha
portato gli stessi danni alla gente. Il fatto è che, in
molti paesi, si è fatta poca pubblicità sulle condizioni
di chi ha lavorato o lavora nelle bananeras. In Centroamerica,
ad esempio, si è lavorato abbastanza in Honduras e Guatemala,
ma molto poco in Costarica.
2) Tutti i paesi, a parte il Nicaragua, mancano di una legge
specifica. L'idea è di fare una riunione per definire
una strategia comuneartendo dalla nostra legge come precedente
per far pressione sui governi degli altri paesi.
3) Attualmente esiste una strategia generale, ma mancano i finanziamenti
e dovremo fare di tutto per trovarli.
E' nata anche l'ipotesi di presentare la nostra legge al Parlamento
Centroamericano affinché l'approvi per tutto il Centroamerica.
Per concludere, chi vi ha
appoggiato fino a questo momento?
Abbiamo informato tutte le agenzie e tutte le istituzioni, ma
le risposte sono state poche. Il CENIDH (Centro Nicaraguense
para los Derechos Humanos) si è molto interessato e ci
ha appoggiato in molte delle nostre iniziative di denuncia e
la Procuradoria para los Derechos Humanos ha collaborato, ma
non ha mai emesso una risoluzione.
All'interno dell'Asamblea Nacional solo la Commissione del Lavoro
e quella per i Diritti Umani ci hanno aiutati, ma perché
coinvolte direttamente nella formazione della legge.
Alla fine il maggior aiuto è venuto dai singoli; amici
e compagni che ci hanno dato quel poco che avevano, ma che è
stato fondamentale per arrivare fino a dove siamo oggi.
Allegato n.2 Documento fatto dal Dipartimento de Relaciones Internacionales del Parlamento del Nicaragua sugli effetti del Nemagòn e su una serie di considerazioni sulle situazioni pesticidi in Nicaragua.
Allegato n.3 Articolo Nuevo Diario (traduzione in italiano): prima denuncia contro le multinazionali delle banane.